Un patrimonio da non disperdere…

Capitalizzare l’entusiasmo. Patrimonializzare la scelta del rinnovamento. La prima è andata in archivio. Il calcio è virilmente episodico. E il Foggia se n’è accorto. Una sensazione beffarda. La notte insonne come un purgatorio emotivo. C’era tutto per vincere, è mancato però… “un soldo per fare una lira”, come ci ricorda la saggezza popolare.

Impressioni a freddo? C’è un flusso di positività da far fruttare. Da mettere a rendimento. Guai a disperderlo! Partiamo dagli spalti. Sarà pleonastico sottolinearlo, ma questa non è una piazza come le altre, aristocratiche e asintomatiche. Qui il cuore pulsa. Eccome! Serve appena una scintilla per scatenare famelici istinti di liberazione. Dal caldo che opprime, dalla consuetudine che narcotizza. “Promettimi che con te non troverò la pace”, implorava un’anima innamorata… perché il sentimento non è calma piatta ma tumulto. Lo stesso che hanno vissuto gli oltre 7mila dello Zaccheria con il Trapani. Un solo credo, una sola religione. Non più tante confessioni dalle molteplici divinità. In soffitta le inutili storie… tese di fazioni e posizioni radicalmente ideologiche. L’unico obiettivo è svuotare le “viscere del pensiero” dal virus dell’assuefazione: a un destino già scritto, a una storia che non cambia, a un potere d’inerzia soprannaturale. Il popolo rossonero si è rimesso in cammino verso la terra promessa… Tutto unito. Sacralmente devoto ai suoi colori! Infettarne di nuovo il sangue con il batterio della divisione sarebbe delittuoso!

Poi c’è il campo. Che non mente. L’idea ci è parsa ottima. L’esecuzione rivedibile. Almeno in alcune fasi. Che però hanno fatto (e sempre faranno) la differenza. C’è voglia di giocare, di creare trame produttive, di uscire dalla morsa di un “battipalla” irritante. Il 4-2-3-1 non ci ha mai convinto (il fantasma di Boscaglia ancora deambula nelle nostre menti!). Equilibrio rischia di diventare una parola vuota di significato. Non nel caso del Foggia di Brambilla, però! Si può popolare la mediana avanzando e accentrando gli esterni di difesa in fase di possesso come recita il “verbo” di Thiago Motta o stringere le ali d’attacco come hanno provato a fare i satanelli con Zunno e Millico (o Emmausso), diligenti nel compattare il centrocampo e limitare le traiettorie di passaggio. La teoria finisce qua. Ne capiamo poco o nulla… La pratica impone però una rapida crescita nella lettura delle situazioni decisive. Va “oliata” la concentrazione sino al fischio finale. Si devono interpretare con lucidità i diversi momenti di un incontro. Prendere gol nel tempo di recupero del 1° e del 2° tempo è stato proditorio. È stato un crimine di «alto tradimento» alla qualità dimostrata in ampie porzioni del match con i siciliani. Un “attentato” alle intuizioni sorprendenti, alle corse intelligenti e ai movimenti costruttivi che hanno incendiato un pubblico finalmente orgoglioso della sua squadra e sinceramente convinto – stavolta – della bontà del progetto tecnico.

Un amatissimo figlio adottivo di questa terra, Roberto De Zerbi, ha accresciuto nel tempo genialità, esperienza e capacità attrattiva (il “suo” Marsiglia ha chiuso per eccesso di richieste la campagna abbonamenti dopo le oltre 49mila tessere vendute!), ma ha conservato una ridondante tendenza a ripetere alcuni “peccati d’origine” che in molte occasioni ne hanno coperto le stimmate del predestinato. Ebbene, il Foggia ha la necessità di capitalizzare il suo sforzo tecnico e agonistico per continuare a credere “spasmodicamente” nella filosofia di gioco proposta dal mister di Vimercate, per non “castrare” certezze e dissipare l’alveo di fiducia che si annida dentro e fuori lo spogliatoio. Per sognare serve un football eccitante e coinvolgente. Per dormire bene dopo la partita, però, è vitale possedere quella cifra esatta di cinismo che delimita il confine tra un vincente e un eterno incompiuto. Con il Trapani è mancato un pizzico di doveroso pragmatismo. Per questo Brambilla – a fine gara – era deluso. O forse sarebbe più corretto dire… “educatamente incavolato”!