In tv scorrono le immagini dello Stamford Bridge stracolmo per Chelsea � Basilea, gara di Europa League. Trema il catino dei blues, tanto che la telecamera non riesce a tenere l�immagine fissa. Un tumulto del pubblico che sottolinea il palo colto da Fernando Torres. Li guardo tra il curioso e lo stupito, poi penso: �ma i campioni d�Europa in carica possono entusiasmarsi al tal punto per una semifinale di ritorno di Europa League contro il piccolo Basilea?� Alla luce fredda del monitor del pc tento di darmi una risposta. La trovo nella cultura che certe popolazioni hanno verso il calcio. Gi�, non pu� essere che cos�. In Inghilterra il football � emozione allo stato puro, da sempre. Sin da quando costruirono quegli stadi per quell�epoca atipici, attaccati alle linee del fallo laterale, pensati per il pubblico e per lo spettacolo, senza l�inutile anello di pista rossa. Si, � questione di cultura. Quella che permette ai Campioni d�Europa di trasmettere vibrazioni ai
propri tifosi anche in una partita meno importante e meno incerta di tante altre. La stessa cultura, magari pi� blanda per quel modo di fare tutto nostro, che viviamo anche in Italia. Ci sono alcune piazze capaci di emozionarsi per le cose pi� piccole, purch� bardate dai colori della propria squadra del cuore. L�immagine che traballa sotto l�onda d�urto del pubblico nel catino dello Stamford Bridge, nella sua essenza, non � poi tanto distante dalla festa di domenica scorsa allo Zaccheria contro l�Ischia. Grande, esagerata. � bastata una scintilla per riaccendere la passione della tifoseria. Un modestissimo aggancio Play off in Serie D, il punto pi� basso degli ultimi cinquant�anni di storia rossonera, a circa vent�anni dall�ultima apparizione in Serie A. Sembra il gioco degli opposti. Una festa spettacolare messa in scena nella quinta serie; Uno stadio da 25.000 posti aperto per 4.900. Una piazza innamorata della propria squadra costretta a vivacchiare ai margini del calcio. Basta dare un�occhiata agli organici di Serie A o B per contare almeno 7-8 club piccoli, microscopici, senza alcun seguito particolare sugli spalti e con una storia infinitamente pi� piccola di quella dei rossoneri. A proposito, nella prossima puntata de Il Diavolo e l�Acquasanta (marted� ore 14.45 Teledauna 87) conto di avere Albertino Bigon e Gianni Pirazzini per celebrare al meglio la bellissima storia rossonera. Ma torniamo alle piccole realt� di Serie A e B. Le abbiamo conosciute come �Le favole del calcio italiano�. Le compagini di oratorio che arrivano a sfiorare la Serie A, conquistando le simpatie di tutti. Ma oggi, quelle squadre sono ancora considerabili alla stregua di favole? Non so. Mi ritrovo a credere che non sia cos�. La favola � qualcosa di bello ma anche raro, eccezionale. Se diventa la norma perde inevitabilmente il suo fascino. Penso che una favola debba avere sempre un lieto fine e che ce ne possa essere uno anche per il Foggia. Gi�, perch� il ritorno dei rossoneri nel calcio che conta non sarebbe una favola? Una bella favola? Si lo sarebbe. Forse gi� lo �! E come ogni favola che si rispetti, deve passare attraverso i momenti bui e tristi delle pagine centrali, quelle della strega o dell�orco che sembra vincere, del male che oscura il bene. Forse bisogna solo scorrere velocemente il volume e cercare quella pagina in cui a far vibrare la telecamera sono i salti di gioia dei tifosi dello Zaccheria, capaci di entusiasmarsi per un play off di Serie D. Figuriamoci per una favola rossonera.
Fonte: http://ildiavoloelacquasanta.wordpress.com/