In una stagione vagamente surreale, ne avevamo già viste tante. Questa – però – ci mancava. Tracce di vocazione autolesionistica erano state già rinvenute (la sfarfallata di De Lucia contro il Trapani al debutto è stata misticamente la madre di tutte le sfighe!), ma la proditorietà con cui il Foggia ha indossato i panni di Tafazzi (celebre personaggio di “Mai dire gol”) contro il Potenza è stata un inedito assoluto anche per la versione più noir dei satanelli. Qualcuno (anche – in parte – legittimamente) tirerà fuori le incertezze del direttore di gara: il mancato giallo a Rosafio (già ammonito) per simulazione, la rete annullata quasi furbescamente sul 3-2 e una gestione un po’ naif dei cartellini. Detto ciò, però, l’harakiri rossonero non è certo firmato Diop (che pure evidentemente non è la “reincarnazione” di Orsato o Collina!) ma è griffato tout court Foggia. Il suo masochismo è stato quasi… commovente!
L’undici di Zauri (sconsolato a fine partita) aveva, infatti, prima regalato due gol, soprattutto il secondo era arrivato a seguito di errori marchiani e goffaggini da calcio amatoriale, poi aveva rimontato in spiccioli di tempo e si era pure divorato il punto del sorpasso già nella prima frazione. Era comunque ripartito con brio nella ripresa facendo pregustare un pomeriggio di… Gala ai suoi tifosi. A quel punto, invece, con tutta l’inerzia a favore, in un ambiente raccolto nel suo calore (mai dimenticare che il tessuto umano della città ha perso quattro dei suoi figli prediletti!) e con l’apporto vitaminico di un entusiasmo ritrovato, è accaduto l’imponderabile. O meglio, l’ingiustificabile. E torniamo al «tafazzismo» che si è impossessato dei rossoneri, capaci di farsi infilare in occasione del rosso (sacrosanto!) a Felicioli e di esaltare il “killer instinct” al contrario nell’episodio che ha visto protagonista Parodi, autore di un fallo tanto inutile quanto plateale! La partita è finita lì. C’è stato un tentativo di difesa in stile Fort Alamo (contro l’esercito messicano del generale Santa Anna) con energie che andavano scemando minuto dopo minuto! Qualche scelta nei cambi non l’abbiamo capita ma la frittata era fatta! E alla fine la porta di De Lucia, già mortificata dal fendente maligno del 3-3, è stata violata per la quarta volta nell’ultimo strappo di Schimmenti sulla destra.
Sono mancati dunque lettura, cinismo, un pizzico di buona sorte e soprattutto lucidità in un match da archiviare con sommo dispiacere. Un peccato davvero, perché il confronto con la formazione di De Giorgio (che a noi è parsa appena convalescente, motivo per cui il rammarico è ancora più grande!) aveva consegnato alla platea colta ed esigente dello Zaccheria il vernissage tecnico di un ragazzino (nemmeno tanto, considerando i suoi quasi 21 anni) che ha illuminato il tappeto verde con una proposta cristallina di gioco. Antonio Gala ha dimostrato personalità, numeri e ossatura mentale robusta! Le parole se le porta via il vento, il talento no! E noi, orfani “piangenti” di Vincenzino Millico (quello di Messina e Torre del Greco, però…), ci siamo alzati in piedi ad applaudire il nuovo «10» che ha scritto in 70 minuti il decalogo della mezzala moderna. Passo, visione e intuizioni! C’è la scuola del Diavolo. E si vede tutta! Sia chiaro che, come ci piace ricordare sempre, il giudizio va ben ponderato. La crescita è da valutare nel tempo, quando i garretti del nuovo “pibe foggiano” saranno bersagliati dagli interventi dei ruvidi mediani di Lega Pro. Per ora ci accontentiamo di sorridere. E di attendere. Che finisca la nottata e il sole torni a splendere negli irriverenti cieli di Capitanata…
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