Lentamente, con fatica, convincendo solo a tratti… eppur si muove. La chanson carolingia ha ritrovato – almeno in parte – i suoi cavalieri. Siamo al Medioevo del pallone. Il Rinascimento può attendere… come il Paradiso. La realtà è questa. Oggi il Foggia punta solo a risalire. Ha imboccato la strada del “politicamente concreto”. È figlio del suo allenatore. Luciano Zauri, marsicano doc. La fatica, l’orgoglio, la dedizione. Il dna che sposa le sue origini. Nessuna vanità. Non si allinea ai profeti del “facciamo calcio”. Non ne ha il tempo. Deve pensare a sanare le ferite ancora sanguinanti di una truppa disorientata! Si è aggrappato allo Scoglio, terreno di conquista anche l’anno passato. Come può uno scoglio arginare il mare? Battisti lo aveva liricamente cantato. Messina di nuovo amica. E ce n’era davvero bisogno. Non per i turbini di classifica, quella è stata aggiustata e non terrorizza più. Ma per la fiducia, l’autostima, l’unione d’intenti. Per una volta, a portieri invertiti chissà come sarebbe andata. Ma tant’è! Ringraziamo, prendiamo e portiamo in Capitanata. Tre punti e a casa, Giovannino docet…
Serviva un “normalizzatore”, una figura alla quale ci stiamo inevitabilmente abituando. Perché il Foggia ne ha avuto bisogno parecchie volte negli ultimi anni. L’etica del gruppo, trattato magari con accenti sommamente “urbani”. Il ristoro dalle paure. Un intervento moderato di un mister che ha fatto tanta serie A. Mai dimenticarlo. Zauri è stato capitano a Roma. Mica semplice! Ha capito – ad esempio – che l’energia del “ragazzino” andava scemando per il sovraccarico di responsabilità. Dalle quali il tecnico lo ha sollevato. Pazienza in panchina è stata una forma sottile e illuminata di “tutoraggio” dello xodó bambino. Perché un po’ bambino Orazio lo è ancora! Il senso dell’inserimento e la fisicità di Mazzocco erano necessari. La scelta è stata corretta. E se ci permettete, è stata pure benedetta da quel pizzico di buona sorte sconosciuta sino all’avvento del trainer abruzzese. La Dea Bendata, infatti, si era fermata troppo spesso al cartello di “benvenuto” di via Lucera beffandosi delle ansie e dei sogni di “grandeur” del popolo rossonero.
Zauri – dunque – ha incamerato punti. Ed era ciò che gli era stato chiesto all’inizio del suo mandato. Il palato fine della “gens zaccheriana” non è soddisfatto? Francamente, al momento, conta poco! È vero che contro il Crotone si era vista la differenza tra un progetto di squadra e un’ipotesi ancora molto teorica di squadra. Ma la partita era finita in parità, non con una sconfitta. Prestazione fisica rivedibile (e pure lì si sta lavorando!) ma tanto cuore e un’anima finalmente risorta, almeno nei suoi attributi più nobili di resistenza emotiva. La domanda a questo punto sorge spontanea: si possono coltivare ancora sogni di gloria? Presto per dire cosa faranno da grandi i satanelli. Le posizioni playoff (perlomeno quelle più nobili) sono lontane anni luce, le scorie di un inizio disastroso sono tuttora visceralmente incrostate nell’umore e nei convincimenti dello spogliatoio e della piazza. A breve tornerà il sostegno anche canoro della Curva. Non un particolare trascurabile… Ci attendiamo un restyling (non massiccio ma comunque importante) a gennaio e forse nemmeno basterà!
Il Foggia, però, si sta riappropriando di orgoglio e senso di appartenenza. Si è ripreso il suo leader tecnico, Vincenzo Millico, sostenendo la vena “poetica” del pibe sabaudo con il sacrificio di tante individualità che adesso assomigliano (ed è già un successo!) a una squadra. Le geometrie ancora latitano così come le trame spumeggianti o i concetti estetici di football. Intanto, comunque, ha fatto capolino un pallido sole. C’è l’accenno a qualche sorriso. Drasticamente misurato ma speranzoso. Insomma, lo Scoglio non potrà arginare il mare… della delusione, ma almeno ha ridonato schizzi di ottimismo. Che di questi tempi non è per nulla disprezzabile!