Foggia calcio, è atteso un sussulto contro la mediocrità!

Emmausso esulta dopo il gol dicendo io resto qui (Foto: Antonello Forcelli)

La sfida è stata lanciata. Liberarsi dell’insostenibile pesantezza della mediocrità! Quella “sopportata” nella malinconica notte di Giugliano. Che poi non ha rappresentato altro che il manifesto (o il paradigma) di un’altra stagione (la seconda di fila, solo che dalla passata non ci si attendeva molto, da questa sicuramente di più) profondamente deludente. Ci riusciranno i nostri eroi? Difficile prevederlo contro il munifico (e pure esagerato) Avellino di Lescano. Soprattutto dopo il gong di un mercato assolutamente coerente con le intenzioni espresse dal patron Canonico qualche settimana fa. Monte ingaggi abbattuto, linea “green” a oltranza (o quasi) e la sensazione di una resa senza condizioni di fronte al nemico più odiato nelle lande di Capitanata: l’assenza di ambizioni! E allora torna lo spettro della mediocrità nel cuore della gente foggiana. L’assuefazione al destino di una lotta impari con la delusione. Una tranquilla salvezza. La didascalia della tristezza per uno spirito reazionario come quello che alberga nell’animo dell’hincha rossonero!

L’attesa è d’obbligo peraltro. Almeno nel giudizio verso ragazzi catapultati in una realtà complicata alla quale dovranno – peraltro – adeguarsi in fretta. Ricordando sempre, comunque, che i giovani vanno aiutati e che difficilmente raddrizzano la barca quando sta affondando. Non hanno il carisma (e banalmente l’esperienza!) per farlo, a parte i pochi “predestinati” sparsi per il mondo (e che non approdano certo alle nostre latitudini!). L’esempio di Brugognone è lampante: salvatore della patria con il Benevento, travolto dalle onde della timidezza nel “naufragio” del De Cristofaro. Una cosa, peraltro, è pacifica perché rientra nel nostro modus operandi: registreremo le prestazioni in campo dei vari Dutu, Gala, Touho prima di esprimere un parere che non sia obnubilato dal preconcetto.

Ma al netto di alcune possibili e piacevoli sorprese (magari il ritorno di Kiyine a livelli importanti) e immaginando che la scelta “Under” sia stata condivisa anche dal tecnico, resta il disorientamento e l’amorfismo emozionale di una piazza che si sta adeguando al destino di abbandono e solitudine! Allo stadio si va solo per la maglia. Per i colori. Per un abbonamento pagato (e questa è la considerazione più amara!). Ci si siede come spettatori quasi annoiati. Il compito della squadra sarà quindi durissimo: convincere il popolo dei satanelli che il campionato potrà riservare ancora qualcosa di eccitante. Che vale la pena puntare qualche fiche residua sul Foggia. Del resto, non più tardi di dieci giorni fa i rossoneri avevano disputato forse la loro migliore partita contro il Benevento (“a scartamento ridotto” ma pur sempre imprevedibile e qualitativo) e nei meandri più nascosti del sentire irrazionale erano tornati sprazzi di libidine. Il match apatico con il Giugliano, in cui anche le decisioni di Zauri sulla formazione iniziale ci hanno convinto poco, e una finestra di mercato goduriosa quanto un’insalata scondita hanno invece frustrato le ultime speranze di ribaltare pronostici di «modestia dichiarata» oramai scritti su pergamena. Come un testamento olografo d’incompiuto riscatto.

Resta l’amore e l’orgoglio. La traccia vitale della passione. Il cantico del cuore. “Nelle vene c’è il Foggia”… le note del destino. La comunione del sentimento. Un patrimonio da preservare e possibilmente restaurare. In attesa del domani, i cui contorni sono indefiniti ma proprio per questo almeno vagamente illusori. Scacciare l’incubo della mediocrità! Ricominciare a sognare. Quando non è dato sapere. Ma accadrà. È nella storia di chi guarda al futuro avendo memoria del passato. La serie A, Casillo, Zeman, Signori… ma pure Termoli, Agropoli e i palloni che mancavano ai primi allenamenti in serie D di mister Padalino!